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CALLA + TV LUMIERE, Terni @ Nexus 30/3/03 (Recensione live)

(...) Il locale è già pieno ed i TV Lumière salgono sul palco esibendo il minimalismo che li contraddistingue, e che mette in luce una certa apprensione nei loro gesti. Inevitabile d'altronde avvertire le molteplici responsabilità che la serata comporta: suonare per il proprio pubblico, suonare con un gruppo che da tempo si ammira, che già anche solo conoscere è il realizzarsi di un sogno, suonare, cercare di creare l'atmosfera e dare un filo conduttore alla serata. "Ritratti", è evidente il feeling che subito si instaura tra musicisti e pubblico, i primi, con i loro testi, fotografie dai contorni nitidi e lindi, descrizioni di scenari volutamente impersonali, interpretabili, sembrano appunto ritrarre i secondi, immobili ed attenti nel seguire ognuno il proprio percorso. Perchè richiede attenzione il sound dei TVL, lento, ripetitivo e paranoico, ed insieme lieve, malinconico e costernato, come "L'amour, mon amour, qui ne vit plus dans moi" de "I gatti". Le molte reminescenze infantili cantate nelle liriche "Giochi d'infanzia", "Alto tradimento" si materializzano nella delicatezza con cui Federico sfiora con l'archetto le corde della sua semiacustica, gesti lenti e circolari, nella dolcezza dei cori di Irene, cantilene di una nenia onirica che affiora direttamente dal subconscio. L'attrito creato dalla contrapposizione tra la voce femminile e quella profonda di Federico è amplificato dalle distorsioni della chitarra di Ferruccio, taglienti e dissonanti, ferite mai rimarginate che propagano dolore, e dalla ritmica lo-fi di Yuri, dapprima marginale e catatonica, come ne "I gatti" ed "Alto tradimento", poi cresce, giro dopo giro, serrata, ipnotica e travolgente trascinando l'ascoltatore, senza che se ne renda conto, nel vortice dei suoi incubi più reconditi ed inespressi, che certo non saranno alleviati od esorcizzati alla fine del pezzo, si potrà solo prenderne atto. La musica dei TV Lumière è come una spirale, ti sfiora appena e pensi che potresti anche non farti travolgere, ed invece ci sei già dentro, e ci scivoli di più ogni volta che la ascolti. Con i loro 5 pezzi no rock i TVL hanno catturato l'attenzione degli spettatori, che non può che rimanere alta sulle note di "Don't hold your breath", primo pezzo eseguito dai Calla, struggente, giro di basso che entra diretto nello stomaco, lo strizza forte come le massaie strizzano i panni, e la voce di Aurelio, fragile, dolcissima ed implorante, sussurra di errori commessi ai quali è impossibile porre rimedio. Non concedono il tempo per scivolare nell'atmosfera, e ti ci ritrovi di botto, e l'impatto è da trauma emotivo. Non riconoscendo il secondo brano corro subito ad informarmi, è "Mother sky" una cover di un gruppo tedesco, i Can; più tardi Aurelio mi consiglierà tutta la loro discografia dal 1968 al 1975, ed io vi giro la dritta. Ma questa è pura cronaca musicale, ed ha ben poco a che fare con gli effetti che il concerto a cui sto assistendo sta provocando al mio già di per sè fragile equilibrio, e con questo non vorrei sembrare in preda ad esagerata ed incontrollata euforia tardo adolescenziale. E' che per me è stato impossibile non farmi coinvolgere dallo spettacolo, e per spettacolo intendo quello delle percezioni, dilatate nell'alternarsi di feedback, distorsioni e silenzi. Canzoni come "Monument ", "Astral" che riescono a mettere a nudo insicurezze e paure e sbagli, andando a cercarle dove le avevi accuratamente nascoste, riuscendo a scalfire le barriere faticosamente costruite intorno, e te le ritrovi di fronte, tremante e supplicante. Dal vivo i Calla riescono a ricreare e trasmettere tutte le sfumature emozionali incise nei dischi, grazie anche agli occhi scuri ed allo sguardo profondo del cantante, che sembra così bilanciare la sua forse eccessiva magrezza. Note che sembrano morire agonizzanti, sembrano rallentare ad ogni giro, ad ogni colpo di rullante, ed invece si arricchiscono e si intensificano e si caricano di rabbia e dolore. Ma l'ora passa in fretta, il concerto finisce, rimane però l'atmosfera (per fortuna ora più sciolta, forse per il caldo o forse per l'alcool) che i due gruppi hanno saputo creare intersecandosi, introducendo realmente il primo le sonorità del secondo.

Angela Petracchini, Music Club n°130 - Giugno 2003