stampa


TV Lumière - Il gioco del silenzio (Minollo Records/Audioglobe,2024) - da TuttoRock Magazine - Dicembre 2024 - intervista

 

Benvenuti su Tuttorock, parliamo subito di questo vostro nuovo album, “Il gioco del silenzio”, da me molto apprezzato, quando e come sono nati i brani che lo compongono?

Federico Persichini:

Buonasera Marco, felice per l'apprezzamento e per la tua attenzione. “Il gioco del silenzio” è un album che ha avuto un lungo periodo di gestazione, due anni circa per la composizione, un anno per la realizzazione, un tempo mediamente lungo, almeno nella fase iniziale, a causa dal periodo oscuro 2020/2021, in seguito per dei gravi lutti che ci hanno colpito. Come nelle precedenti realizzazioni, i brani sono per la maggior parte ideati da mio fratello Ferruccio Persichini, il chitarrista, lui crea le parti chitarristiche e alcune linee ritmiche che gli altri membri rielaborano. Successivamente, ispirato dalle atmosfere evocate dalle musiche, compongo i testi sulle melodie vocali, spesso ho l’impressione che esse contengano già gli scenari che vado a descrivere e le parole sono celate fra le note, io le devo solo cercare. Abbiamo ormai trovato da tempo un nostro stile che ci identifica. Ormai ci riferiamo principalmente a noi stessi in una lenta evoluzione che comunque non prevede un abbandono delle nostre radici musicali e di riferimento. Le tematiche trattate sono in parte  rinnovate, le atmosfere post-belliche, le traversate oceaniche e le ambientazioni primo-novecentesche, lasciano spazio a tematiche sociali, incentrate su considerazioni relative al pensiero critico, l'omologazione sociale, il ruolo dei media,  sull'incomunicabilità o la comunicazione distorta. 


Vi faccio un nome, Amaury Cambuzat, che significato ha per i TV Lumière?

Ferruccio Persichini:

Amaury è stato il nostro padrino fin dagli albori, ha seguito il nostro primo album 20 anni fa e siamo rimasti legati per tutto questo tempo, ha anche prodotto il nostro terzo album “addio! Amore mio” e lo ha fatto uscire per la sua etichetta di allora. Credo che sia la persona più adatta per mettere le mani sul nostro lavoro, tanto che gli ho lasciato carta bianca per tutte le sovraincisioni e abbiamo dovuto correggere poco sul mix. Siamo da sempre dei suoi ammiratori.

 

Nell’album sono presenti come ospiti anche Luca “Swanz” Andriolo e Antonio Tonietti, come siete arrivati a queste collaborazioni?

Ferruccio Persichini:

Antonio lo seguivo da qualche tempo per i suoi lavori di sonorizzazione, ci incontrammo ad una sua performance dalle parti di Bomarzo e scoprii che aveva una casa in campagna nel mio paese ed era sposato con la cugina di un mio amico d’infanzia.  Quindi dal momento che stavo registrando proprio a Calvi dell’Umbria è stato molto facile farlo venire in studio a registrare. Con Swanz è stata una collaborazione a distanza, ci siamo inviati il materiale. Ho conosciuto Luca ad un suo concerto siamo rimasti in contatto, parlammo più volte di una collaborazione e alla fine è uscita fuori sul brano che a mio avviso era più vicino alla sua sensibilità artistica.

 

Per il video che accompagna “Ultima Corsa” vi siete affidati completamente al regista Sébastien Lerévérend o gli avete dato qualche spunto?

Federico Persichini:

Abbiamo ragionato a lungo sul brano che poi sarebbe diventato il singolo, abbiamo scelto “Ultima Corsa” perché rappresenta in parte alcune scelte stilistiche dell’ultimo periodo, è un po’ un’estremizzazione di quello che è entrato a far parte delle nostre scelte artistiche. Un brano decisamente desertico. Non è uno scenario particolarmente ricorrente ma ci affascinava l’idea di queste immagini, anche alcuni colori, come quello della sabbia che utilizziamo molto anche graficamente e che comunque teniamo a mente quando componiamo. I colori hanno una grande influenza nelle nostre composizioni e non sono mai casuali anche a livello grafico. Sébastien lo conosciamo da tempo, gli abbiamo commissionato il lavoro perché ci ha affascinato molto la sua idea,benché contenesse alcuni elementi moderni che non avevo lontanamente considerato, non posso negare alcune perplessità nel momento iniziale in cui mi parló del fatto che avesse bisogno di un’automobile e di un Clown. Lo scenario del brano appartiene al secolo precedente, lui lo ha attualizzato. La svolta finale, con tutti gli interrogativi che ne nascono sono una sua idea. Il mio immaginario arrivava fino ad un certo punto, lui lo ha trasformato e gli ha dato un tocco di mistero in più. Mi sto abituando ancora oggi, cantando il brano ad immaginare questo nuovo scenario e le mie immagini e quelle di Sébastien iniziano ad apparirmi in una forma più chiara. Sébastien ha ricevuto comunque le indicazioni con la traduzione del testo, ha individuato attori e location ed ha fatto tutto lui.  Il video è stato girato in Francia presso la Sablière de Lardy,a sud di Parigi e gli attori sono tutti francesi. Il risultato finale è stato una bella sorpresa. 

 

Ferruccio Persichini:

Mi sono affidato alla sua sensibilità, avevo visto dei precedenti lavori, soprattutto cortometraggi, Seb non è abituato a fare videoclip ma è riuscito a mettere in piedi il cast e a rispettare le tempistiche con grande serietà. Sono molto soddisfatto del suo lavoro.


La copertina da chi è stata realizzata?

Federico Persichini:

La bozza iniziale, ovvero il disegno dell’immagine di copertina, è stato realizzato dal nostro caro amico tedesco Elmar Mellert, è una foto di suo figlio Lovis durante la raccolta delle more. Il progetto grafico invece l’ho realizzato personalmente, come per l’album precedente. Così l’immagine di partenza è divenuta un qualcosa di meno definito, i colori scelti sono quelli che ci caratterizzano maggiormente in questo periodo. 

 

Avete una storia più che ventennale, è cambiata la percezione del mondo della musica che avevate alla fine del vecchio millennio rispetto ad oggi?

Federico Persichini:

Inevitabilmente è cambiata la percezione. Ci siamo in parte adeguati, solo pensando alla fruizione da parte del pubblico mediante tecnologie diverse, siamo partiti dalle musicassette, passando ai CD, al digitale ed ora il ritorno al vinile, già questo dice tutto. L’affitto di uno studio costava cifre enormi che prevedevano una certa velocità di esecuzione, con tutte le difficoltà dell’analogico, ora si riesce a lavorare con tutta calma in luoghi impensati all’epoca. Aspettavamo l’uscita delle riviste specializzate o qualche trasmissione di emittenti radiofoniche locali per conoscere qualche nuovo artista, oppure andavamo fisicamente a Londra e Berlino a comprare dischi. Ora accendi la TV e ti sparano cover storpiate e totalmente fraintese dei nostri mostri sacri, tutta la musica è fruibile su piattaforma, è comodo ma troppo facile, le cose troppo facili creano radici poco profonde. Tutto ha perso il suo fascino, quello della ricerca e dell’affinamento dei gusti. Se dovessi pensare al fenomeno televisivo mi verrebbe voglia di mandare tutto al diavolo. Quindi dal punto di vista creativo e della diffusione (pubblico di riferimento) della nostra musica siamo ancora negli anni 90. I locali quasi non esistono più, vessati da tasse sulla musica (anche inedita). Tuttavia ringraziamo sempre i coraggiosi che riescono ad organizzare concerti in queste condizioni. Certo, non tutto è negativo, abbiamo una mentalità molto aperta e siamo abbastanza elastici da sfruttare anche quanto di buono il progresso ha portato. Creare un video e farlo arrivare al pubblico negli anni 90 era proibitivo, ora è diventato semplicissimo. Comunque rimaniamo sempre con le nostre idee e i nostri obiettivi ben definiti, cambiano solo alcune modalità. 

 

C’è un vostro concerto che ricordate in modo particolare?

Federico Persichini:

Ce ne sono tanti, quelli con un pubblico molto numeroso, quelli più intimi, quelli nelle città in cui sognavamo da sempre di suonare. Sempre frutto di lunghe trattative e di viaggi estremamente piacevoli benché impegnativi, in larga parte dell’Italia e all’estero. Quando abbiamo diviso il palco con artisti di livello, magari anche nostra fonte di ispirazione (Ulan Bator, Calla, Diaframma…). Conservo immagini stupende del tour del 2006, quando suonammo a Lubiana (Menza Metelkova, ex caserma dell’esercito Yugoslavo),accoglienza calorosa, grande pubblico ed il viaggio la mattina successiva verso ll sud della Germania, sotto una nevicata pazzesca (senza catene), con arrivo a Freudenstadt con 5 ore di ritardo, ma ancora in tempo per il live, con il pubblico che ci aspettava, line check ed esibizione di un livello emotivo fuori dal comune. Conserviamo dei bellissimi ricordi anche dei concerti di Berlino all’Antje Oeklesund, ormai abbattuto per la bonifica di alcuni stabili ex-Berlino est; Stoccarda al Wagon, un vagone su un ramo di un binario morto, adibito a live club, dove suonammo con il pubblico addosso in una serata memorabile, stessa situazione del “Folletto” di Abbiategrasso, una casa cantoniera in disuso lungo la vecchia ferrovia e tante altre situazioni, che ogni volta ci hannolasciato la sensazione di aver trasmesso un’emozione a persone che non ci conoscevano. 

 

A proposito, avete già in programma qualche spettacolo dal vivo per presentare “Il gioco del silenzio”?

Federico Persichini:

Sabato 30 novembre, il giorno successivo all’uscita ufficiale dell’album, presenteremo il nuovo lavoro al “Teatro degli occhi” di Calvi dell’Umbria, il nostro paese. 

Seguiranno altre 3 date:

 

Sabato 7 dicembre al Bard House Gipsy club di Calcata (VT)

Venerdì 20 dicembre al Bside di Terni

Giovedì 13 febbraio al Marla a Perugia

 

Inoltre stiamo lavorando per un tour in Germania in primavera ed altre date in Italia. 

 

 

Grazie mille per il vostro tempo, vi lascio piena libertà per chiudere questa intervista come preferite.

Federico Persichini:

Ti ringraziamo molto, siamo onorati di aver avuto la tua attenzione. 


 

 

di Marco Pritoni