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TV Lumière - Il gioco del silenzio (Minollo Records/Audioglobe,2024) - da TomTomRock - webzine - Dicembre 2024 - recensione

 

Il Gioco Del Silenzio: il cupo sguardo sulla contemporaneità dei TV Lumière.

Tornano dopo quasi cinque anni dal loro quarto e penultimo lavoro gli umbri Tv Lumière, rinnovando la più che decennale collaborazione con l’ex Faust e Ulan Bator Amaury Cambuzat. Nutriti negli anni dall’ascolto di Nick Cave and The Bad Seeds, Joy Division, Sonic Youth e Swans – e in questo ultimo lavoro ci sembra che abbiano virato decisamente verso questi ultimi – i TV Lumière danno vita a una sorta di dark folk supportato da ritmiche ipnotiche fino quasi all’ossessività e sostanziato spesso da un muro di chitarre talvolta ai limiti del noise – si ascolti in particolare Nella Spirale Del Silenzio – nonché dalla voce baritonale di Federico Persichini. Difficile immaginare un “accompagnamento” più adatto per testi che fanno riferimento all’incomunicabilità, alla necessità di un pensiero critico che non si lasci facilmente omologare e a inquietanti richiami a una società che cerca invece di annullarlo ricorrendo anche a discutibilissime forme di controllo psichiatrico. L’album si apre con l’emblematica Clinica, in cui su un tappeto musicale che ricorda in parte certe cose dei C.S.I., Federico Persichini, salmodiando quasi alla Giovanni Lindo Ferretti, canta: “Vieni mia cara non ti faremo alcun male / Convinciti, non ti faremo alcun male / No, non ti faremo alcun male / Non puoi decidere mai”. Forse ancora più incline al pessimismo è la successiva Delirio,e dove la dissimulazione sembra essere l’unico modo per conservare una propria indipendenza di giudizio: “Avrei tanto da dire ma chi me lo fa fare / Peggiorerei solamente la mia situazione / Quando tutti sono convinti di una sola verità / Meglio non disturbare e lasciare che…”, anche se poi sembra emergere quasi un desiderio di rivolta: “Signorina per favore / Mi costringa a parlare”. Alle chitarre, basso e batteria dei quattro componenti la band si aggiunge spesso Amaury Cambuzat con chitarra e tastiere, comprese quelle elettroniche. Inoltre non si può fare a meno di segnalare la presenza, nel brano Ultima Corsa, del banjo di Luca Swanz Andriolo, che gli conferisce un’allure morriconiana, del resto presente sotto traccia un po’ in tutto il disco. La nota dominante è comunque quella di un andamento epico, ritualizzato spesso in una tanto ossessiva quanto suggestiva ripetitività, come si può notare nei lunghi finali strumentali di Manifesto e del brano di chiusura Mondanità. [7,2]    

Di Renzo Nelli