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TV Lumière - Il Gioco del Silenzio (Minollo Records/Audioglobe,2024) - da Extra Music Magazine - Marzo 2025 - recensione
Uscito da qualche mese, l’ultimo album dei TV
Lumière è un’opera formalmente impeccabile che in maniera schematica si può
collocare grossomodo nel filone slow-core.
Cadenze estremamente rallentate, dunque; ricami di chitarre elettriche e
acustiche, e placidi arpeggi di note; musica quieta, e atmosfere non di rado
malinconiche; talvolta, un po’ di brio a dare vigore (ad esempio in “Ultima
corsa”, pezzo di impianto folk con un fischio che omaggia Alessandro
Alessandroni e le colonne sonore degli spaghetti-western). L’ascolto dei
brani, preferibile in cuffia, evoca i paesaggi sonori avvolgenti di band quali Codeine e Idaho (soprattutto
del loro splendido “This Way Out”); composizioni come “Clinica”, “Manifesto” e
“Osservazione esterna” saranno di sicuro apprezzabili per i fan del genere (e
viceversa un supplizio per i non adepti). I tratti caratteristici del disco ne
costituiscono tuttavia anche il limite più evidente. Mancano infatti quasi del
tutto le accensioni improvvise, le fiammate di distorsione che ogni tanto
rendono meno smorte le melodie intimiste dei gruppi sopracitati.
Inoltre, alla lunga la monotonia della voce salmodiante si allontana dalla
gradevolezza, e alcuni pezzi si trascinano troppo prima di arrivare alla
conclusione (“Delirio”; “Osservazione esterna”; “Per confortare il tuo pianto”,
strumentale con linee di chitarra che ricordano i Mogwai,
ma privo dei saliscendi “piano-fortissimo” del complesso scozzese; “Nella
spirale del silenzio” con la sua coda di rumore). “Eppure l'ho persa” crea
l’impressione di aver messo sul piatto un disco dei Calexico a
velocità sbagliata, e il cantato è uno strazio (effetto intenzionale?).
“Mondanità”, però, è bellissima: inizio soffuso, e poi in crescendo, con gli
strumenti che si dispongono via via a strati. Sfiora i dieci minuti di durata
senza mai stancare, e chiude in maniera brillante un album che, purtroppo,
riserva poche sorprese, suscitando invece parecchi dubbi.
di Andrea Salacone