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Nati dalle ceneri di “The Clown’Sadness”, col nome di un progetto parallelo durato lo spazio d’un anno e poi interrotto, i “TV Lumière” muovono i loro primi passi sulla scena umbro-laziale a partire dal 2000. Sin da subito l’originalità del proprio stile e la naturale ritrosia valgono loro l’appellativo di “cult band” ed il plauso del pubblico “di genere”. Federico Persichini (voce, chitarra), suo fratello Ferruccio (chitarra), Irene Antonelli (basso, cori) e Yuri Rosi (batteria), pur non amando le etichette e le facili catalogazioni definiscono il proprio genere “rumorismo poetico visionario oscuro” ; un dark elegante ed ipnotico che sembra sollevare chi ascolta in territori onirici dove la sospensione temporale si sposa con un pessimismo claustrofobico e ridondante.
Salta subito agli occhi il nome : TV Lumière. La fusione di un termine (“lumière”) scelto per l’assonanza con “lumière blanche”, una canzone degli Ulan Bator particolarmente cara al cantante, e “TV”, vista l’abitudine del gruppo, soprattutto all’inizio, di comporre al buio rischiarati dal fioco chiarore di una televisione mal sintonizzata. I riferimenti sono quelli giusti : Ulan Bator, Enfance Rouge, Swans, Sonic Youth, Current 93, Joy Division, nomi forse sconosciuti ai più ma che rappresentano delle vere e proprie “icone” dell’underground. Dopo il primo lavoro,”Proiezione 1”, registrato al “Groove studio” di Terni fra l’agosto ’01 e il febbraio ’02, i nostri si lanciano in un’estenuante serie di “live” che fra gli altri li vedranno suonare insieme a gruppi del calibro degli americani “Calla” e “Trumans Water”, oltre ai già citati Ulan Bator ed Enfance Rouge. Proprio il live è forse uno dei momenti più coinvolgenti dell’universo TV Lumière. “Vorremmo creare un effetto visuale all’ascolto della nostra musica”, dice Federico P. e in effetti i quattro sembrano muoversi sul palco come in una danza immobile, un quadro visivo che ricorda un dramma figurativo (“ per noi fra un concerto ed un’opera teatrale non c’è differenza alcuna”). Le personalità dei due fratelli si sovrappongono in un gioco di specchi che unisce dolcezza retrò ad esplosioni “noise”, il basso monocorde fa da sfondo come un pulsare cardiaco e la batteria minimale incornicia la pièce con la sua essenzialità.
Il gruppo non si risparmia ed oltre alle esibizioni sparse un po’ per tutt’Italia (particolarmente riuscite le trasferte al Sud) approda in Germania ed addirittura al “Menza – Metelkova”, storico locale di Ljubljana (SLO). Proprio da un concerto come gruppo spalla agli Ulan Bator, nascerà l’amicizia e la successiva collaborazione con Amaury Cambuzat, leader del gruppo francese. Sarà lui a curare la produzione artistica del nuovo album, registrato fra Terni e Milano nell’Agosto/Ottobre del 2003. Il salto di qualità è evidente. “Il disco suona più potente” dice Federico che sottolinea la differenza di metodo fra una pur buona registrazione con un fonico estraneo alle atmosfere dell’album e la meticolosa ricerca di suono svolta simbioticamente con Cambuzat. Oltretutto, la voce degli Ulan Bator ha anche imbracciato la chitarra in qualche pezzo (“13.66”, “Riflesso”, “Ritratti”…).
Le liriche sono la giusta rappresentazione di quanto detto finora, il lamento crepuscolare di personaggi autentici divisi fra il sogno e le periferie industriali. Nessuna posa “dandy” o “snobbismo intellettuale”, solo istinto e flusso di suoni che sgorga dai quattro quasi in modo naturale. “Ci ritroviamo insieme partiamo da un riff o un suono che ci emoziona…si insiste su quel loop per una decina di minuti…col tempo abbiamo trovato un nostro sound”.
Va da sé che all’immediatezza del blues o ai ritmi sincopati del grunge i nostri preferiscano una semplicità di suono del tutto mitteleuropea. I testi sono in italiano, con infiltrazioni di francese, questo per continuare sulla scia dell’essenzialità ed anche per evitare la facile scelta dell’inglese che molti operano per ragioni squisitamente commerciali. In una precedente intervista il gruppo scherza sull’abitudine di altre band a scrivere in inglese col dizionario sempre aperto di fronte agli occhi. Ogni canzone sembra il frammento ingiallito di un album. Una carrellata d’immagini non legate da movimenti che sembrano prender vita come da un antico proiettore. C’è l’infanzia, malinconico rifugio al disagio esistenziale (“nel giardino d’infanzia solo fiori avvizziti”) ma anche il nichilismo (“ti aspetterò ogni notte immerso nel vuoto dell’oscurità”) fino ai paesaggi languidi di “Alto tradimento” (sicuramente la head track) che richiamano certa letteratura francese di fine Ottocento. Si potrebbe proseguire all’infinito citando gruppi di riferimento, srotolando testi ed impressioni, ma rimane il fatto che i TV Lumière vanno presi in blocco. Non sentiti ma “assorbiti”. Come tutti i gruppi realmente originali non si può spezzarne l’ascolto, canticchiare i ritornelli, ma solo lasciarsi cullare dai loro flash introspettivi ed aspettare che la musica s’ estingua come un fuoco notturno. Sono maschere della tragedia, i nostri, una falena che rifiuta la luce perchè sa che può bruciarle le ali. E la luce, a parere del vocalist, sono le grandi etichette, le major, questo perché “l’arte finisce quando subentra il mercato”, così l’underground, così la scelta di un nero assoluto, senza compromessi né pressioni dall’alto. I fratelli Persichini si sono anche occupati della gestione culturale di un locale, a Terni (il “Nexus”), organizzando concerti, reading di poesia e quant’altro. Da quell’esperienza “dura ma importante” è nata una ramificazione di contatti che tuttora prosegue scorrendo come un linfa sotto la corteccia degli eventi mondani e delle rassegne di prima fascia. Una vera e propria famiglia che comunica, suona e s’incontra in modo del tutto indipendente, senza controlli o supervisione di nessuno. Una “sottocultura” direbbero i più. Una “controcultura” diciamo noi. D’altronde la grande forza dei TV Lumière sta proprio nella consapevolezza degli obiettivi. Dice il cantante : “il nostro è un progetto nato per arrivare ad un determinato livello di diffusione…la grande produzione mangia sempre la qualità perché si chiede il contatto con la massa”.
Passata la stagione estiva, non molto amata per la caoticità e la dispersività dei festival, i nostri torneranno ad esibirsi dal vivo affrontando una tournèe che potrebbe vederli calcare le scene di Torino, Genova. “Forse ci sarà anche una puntatina in Francia” conclude teatrale Federico P. ,non senza regalarci un’enigmatica espressione alla Pierrot. Per chi volesse immergersi nel mondo autunnale dei Tv Lumière :
"Il Vero" - Germano Innocenti