stampa
TV Lumière - "Per Amor dell'Oceano" (Seahorse Recordings/ Goodfellas, 2008), da www.ondarock.it - 02.02.2008 - recensione - 7/10
Il problema di molti dischi realizzati da gruppi che solcano le scene del panorama indie italiano sta in una certa pretenziosità di fondo, che tende eccessivamente a rimarcare la netta differenza tra sé e il pattume di molta musica italiana da Mtv rotation (Negramaro e compagnia brutta). Questo atteggiamento resta lodevole fin quando non si scade in preconcetti opposti: quelli per cui far un gran disco di rock italiano significa ostentare "depressione" e intellettualismi ad ogni costo, ricorrendo a determinati cliché che ormai assurgono allo status di regolamento non scritto per far gridare all’ennesimo miracolo gli indie-snob nostrani.
I TV Lumière
con “Per amor dell’oceano” realizzano un buon disco di rock
italiano che inciampa talvolta proprio nel secondo ostacolo. Ed è un
peccato, perché il gruppo mostra talento e potenzialità considerevoli.
La band di Terni, che col suo primo disco si era anche fatta notare al di là
dei ristretti confini italici (e questo, indipendentemente dalle preferenze
e dalle critiche di chi scrive, fa sempre piacere), è formata da Federico
Persichini (voce e chitarra), Ferruccio Persichini (voce, chitarra e piano),
Irene Antonelli (voce e basso) e Yuri Rosi (percussioni e batteria).
Tra le loro influenze la band non solo cita grandi nomi del rock (Slint, Joy
Division, Velvet Underground, Bad Seeds, My Bloody Valentine ecc.), ma anche
personaggi che hanno fatto la storia della cultura mondiale (Dostoevskij, Pasolini,
Kubrick, Rimbaud), lasciando intendere che il progetto Tv Lumière sia
qualcosa capace di travalicare l’austero spazio di un pentagramma.
I primi tre brani, forse i migliori del disco, ammantano subito l’atmosfera con note plumbee di piano (“La marcia dei bambini seri”) e accordi crepuscolari di basso e chitarra (“Prima Luce”), per poi sublimarsi in un salmo ieratico dall’incedere ossessivo (“Bagno di violenza”). Sono chiari i riferimenti stilistici al rock d’autore dei Massimo Volume, allo slow-core dei Low e all’ambientazione dark dei Sisters Of Mercy.
Il punto debole
di questa formula sta nel modo di cantare: quello stile canoro apatico, privo
di vigore, spesso abusato dai vocalist dell’underground italiano, finisce
per rovinare la magia di pezzi strumentalmente impeccabili se non splendidi
(“Disciplina e alti modelli”, “La voliera”, “Al
di là dei meriti”, “Mondanità”).
Diverso il discorso per quanto riguarda i testi: spesso ermetici ed evocativi
(non a caso, tra le influenze di cui si diceva prima, la band nomina anche poeti
italiani del Novecento quali Dino Campana ed Eugenio Montale), talvolta perfino
icastici (“Sacramento”).
Alla fine, accantonando idiosincrasie del tutto personali, si può tranquillamente affermare che, pur non essendo esente da difetti, “Per amor dell’oceano” è un disco riuscito.
di Salvatore Setola