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TV Lumière - "Per Amor dell'Oceano" (Seahorse Recordings/ Goodfellas, 2008), da www.losingtoday.it - 27.03.2008 - recensione

Nati nel '99 TV Lumiére sono la creatura musicale degli umbri fratelli Persichini: alle spalle un demo risalente ai primi anni del 2000 e un esordio omonimo edito tre anni fa che aveva visto la partecipazione di Amaury Cambuzat degli Ulan Bator (gruppo che insieme a Swans e Sonic Youth la formazione cita tra le proprie principali fonti di ispirazione).
"Per amor dell'Oceano" è quindi la seconda prova sulla lunga distanza della band, che nel corso della quasi decennale carriera ha affinato tecnica idee, dando vita a un lavoro che si mette in luce fin da subito per personalità, attraverso un'atmosfera ovattata, una bolla sonora nella quale si alternano densità e rarefazione, in un continuo gioco di echi, rallentamenti e improvvisi squarci di accensioni sonore.
A costruirla da un lato una chitarra che, pur prediligendo la tessitura di trame dalla grana fine, non disdegna qua e là di cambiare tessuto, optando per momenti di ruvida abrasività elettrica.
Dall'altro, le voci, spesso quasi sottotraccia, talvolta in forma di dolenti sussurri, all'insegna dell'alternanza tra il timbro profondo degli stessi fratelli Persichini e quello etereo della bassista Irene Antonelli (che insieme a Yuri Rosi alla batteria costruisce percorsi ritmici scarni, regolari ed essenziali), arricchendo in qualche episodio l'insieme con l'intervento al synth del produttore
Paolo Messere.
A leggerlo così darebbe l'idea di uno di quei dischi 'intensi ma pesanti'. Così è solo in parte: pur nel mantenersi di un'atmosfera che a tratti assume quasi profumi gotici, la il quartetto riesce, lungo le dieci tracce presenti, a costruire un edificio che abbina alla solidità quasi monolitica delle mura portanti, una certa varietà di suggestioni, passando in maniera agevole tra ampi respiri ambient, psichedelia anni'90 (leggi Spacemen 3), chitarre che ora alludono allo shoegaze, ora a un folk decadente, affiancando al materiale sonoro testi intimi, vagamente visionari,in uno stile che ricorda a tratti Cesare Basile.
Un disco sul quale ci si lascia dolcemente galleggiare.

Marcello Berlich